L’Occidente non ha creato l’Isis. Ma la sua debolezza l’ha fatto grande
Non è stata l’America ad armare gli uomini del Califfo. Ma la mancanza di strategia occidentale ha permesso a sauditi e turchi, e inizialmente anche ad Assad, di favorire lo Stato islamico. Oggi il prezzo di un intervento sarebbe molto maggiore di un anno fa. Ma senza un piano sul dopo è inutile
di Tommaso Canetta

Bombardieri francesi Rafale prima di una missione a Raqqa, Siria, in una base nel Golfo non rivelata
Non sono ancora finiti i giorni di lutto per le vittime di Parigi che già una (non nuova) grave accusa ha preso a strisciare tra le opinioni pubbliche occidentali: lo Stato Islamico è un mostro creato dall’Occidente, che poi però è fuggito dalla gabbia e ora gli si è rivoltato contro. Questa tesi trae forza da alcuni innegabili dati di fatto (i nostri alleati hanno aiutato l’Isis in passato, e noi non lo abbiamo impedito), ma semplifica una vicenda invece estremamente complessa. Tanto complessa che ha lasciato nell’indecisione e nel dubbio le leadership occidentali per anni.
In base a quello che un’approfondita inchiesta dello Spiegel ha rivelato, avendo avuto accesso a documenti segreti, sappiamo che l’Isis è nato su iniziativa di ex ufficiali dell’intelligence irachena, rimasti orfani del potere dopo l’invasione americana del 2003 e smaniosi di riconquistarlo a qualunque costo. Prima hanno stabilito, nel caos iracheno degli anni 2005-2009, un’alleanza con gruppi jihadisti legati ad Al Qaeda (in particolare l’Islamic State of Iraq - antesignano dell’Isis - creato da Al Zarkawi e da lui guidato fino alla sua morte, nel 2006). Poi, quando hanno intravisto un’opportunità delinearsi nella guerra civile siriana nel 2012, hanno all’inizio disseminato la parte di Siria controllata dai ribelli di apparentemente innocui “uffici Dawah” (centri missionari islamici) e di propri uomini, quindi hanno iniziato a far sparire – senza dare nell’occhio – i potenziali oppositori, infine hanno gettato la maschera e preso il controllo di svariate città (tra cui Raqqa, oggi capitale dell’Isis) grazie anche all’impiego di numerosi foreign fighters. All’alba della sua presenza in Siria, nel 2013, lo Stato Islamico viene comunque quasi ignorato dagli insorti, che non volevano aprire un secondo fronte oltre a quello con il governo, e viene addirittura avvantaggiato dal regime di Damasco, che sperava – non a torto – che una diffusione del fanatismo islamico tra i ribelli avrebbe reso Assad un’alternativa preferibile agli occhi del mondo. Già in questo periodo è probabile che il nascente Stato Islamico sia stato aiutato da alcuni dei nostri alleati: l’Arabia Saudita, il Qatar, la Turchia. Forse ignari della sua origine e della sua tattica, o forse indifferenti, gli Stati nemici di Assad lasciano affluire uomini e risorse verso l’Isis.
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