Vaga in città da dieci giorni: “Io, cacciato dal dormitorio per far posto ai profughi”
Milano, “Chiedo solo un posto per dormire”. Antonio Di Salvo, 56 anni, vaga come un’anima in pena per la città da 10 giorni. Si trascina reggendosi su una stampella (“ho subìto un’operazione all’anca tre mesi fa”), uno zainetto con il necessario per la fisioterapia (“quella per fortuna è gratis”) e un’altra busta con i suoi oggetti personali (“non ho un posto in cui conservarli”).Dormiva in un centro d’accoglienza di viale Isonzo. “Poi, di punto in bianco, mi hannomandato via, insieme ad altri, per far posto ai profughi eritrei. Era il 21 giugno”. Ma Antoniochiede una sistemazione, non di essere un privilegiato. Il rischio, in questi casi, è che si scateni una guerra tra poveri ugualmente disperati e ugualmente bisognosi. Negli ultimi giorni l’uomo si è arrangiato come ha potuto, dormendo – racconta – nella sala d’attesa dell’aeroporto di Linate, accomodato su un sedile di ferro.
Ieri, visto che non pioveva, ha lasciato il suo ombrello nascosto sopra una macchinetta del caffè sperando che nessuno lo vedesse.”Non volevo portarmelo dietro, sono già stracarico e cammino a fatica”, spiega. Su una panchina mostra vari documenti, tra cui quello di un ospedale, relativo all’operazione subita, e un altro dell’Inps con l’elenco dei lavori effettuati. “Lavoravo come magazziniere ma non ho ancora accumulato abbastanza anni di contributi per poter andare in pensione”, continua. Due figli, divorziato, “c’è voluto un attimo a perdere tutto”.
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